La Lectio di Norman Foster

laura credidio

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Dai grandi architetti imparo sempre lezioni di marketing.

Ho sempre amato il lavoro di Norman Foster, i suoi progetti così ricercati ma al tempo stesso “essenziali”.
Nulla di più di quello che serve a renderli perfetti, integrati nello spazio in cui si inseriscono.
Ascoltando dal vivo il racconto dei suoi progetti così intrisi del suo percorso personale, ho rivissuto il perchè ho scelto con forza, seppur all’inizio in maniera inconsapevole, di essere un architetto.
Di esserlo non come professionista ma come persona, di osservare il mondo e di fare il mio lavoro “essendo architetto”.

E’ stato fonte di ispirazione pura.

Norman Foster esordisce con l’immagine dell’uomo vitruviano di Leonardo.
L’essere umano e i suoi bisogni al centro, dicendo che non c’è un suo progetto uguale all’altro, il suo studio non ha uno stile preciso ma si modella ogni volta, sono i bisogni e l’ispirazione che guidano.

Il volo, la sua grande passione, e l’areonautica, lo hanno sempre ispirato alla ricerca della leggerezza rivoluzionando l’estetica di aeroporti, viadotti ed edifici.

Ha scelto 10 parole chiave per raccontarsi ma quella più usata è stata sostenibilità.

Una vera sfida, soprattutto se si progettano grandi edifici e infrastrutture.
Ha sempre parlato al plurale, citando il suo team, lo studio londinese Foster + Partners dove lavorano centinaia di architetti e ingegneri impegnati a progettare architettura sostenibile.

L’aeroporto di Mexico City è il progetto in corso, il progetto per eccellenza, quello in cui si esprimerà sostenibilità, leggerezza e basso impatto ambientale.
Il progetto parte dall’amore per la prima architettura trasparente. Era il 1851 e Jospeh Paxton costruiva  il Crystal Palace di Londra per ospitare la prima Esposizione Universale. Quell’edificio, nonostante la distruzione in un incendio nel 1936, continua ad essere icona dell’architettura trasparente, che comunica.

Ho ancora viva l’immagine del Crystal Palace, pietra miliare nel libro  “Storia dell’architettura moderna” di Kennet Frampton. Il mio primo libro universitario.

Ed è di questa architettura che Foster parla e del ribaltamento delle regole, come a Stansted quando ha capovolto l’idea progettuale di aeroporto: gli impianti che si trovano in genere nel soffitto sono finiti sotto i pavimenti, il tetto è diventato leggero e trasparente.
L’edificio respira, comunica fra dentro e fuori e consente importanti risparmi energetici.
Da Stansted a Hong Kong e ora a Mexico City: dove le superfici e le coperture ancora una volta sovvertono le regole, non saranno più orizzontali e verticali, ma un’unica enorme copertura, come una bolla, come la pelle di un insetto.
Un corpo centrale tentacolare, armonioso e pieno luce. Uno scheletro d’acciaio in una forma organica.
Estetica e Funzione inscindibili. Si ottimizza energia creando l’estetica dei luoghi del futuro.
Ci insegna a pensare all’edificio come ad un corpo, con uno scheletro che lo sostiene e una pelle che lo mette in contatto con il mondo. I tetti si smaterializzano, si alleggeriscono e ci mettono in contatto con la natura.
Ci permettono di essere sensibili ai cambiamenti di luce, e più attenti agli altri.

La tecnologia e la ricerca continua di innovare seguono un concetto ispiratore fortissimo, la responsabilità di proteggere il “pianeta magnifico e fragile” in cui viviamo.
Foster collega la consapevolezza della fragilità del pianeta al 1969, quando, per la prima volta, l’uomo ha potuto guardare il pianeta Terra e riconosce nel suo maestro ispiratore, Buckminster Fuller, il primo Guru Green. Un continuo rimando al passato, ai dirigibili, alle architetture moderne, alla sperimentazione.
Non ne ha parlato alla Lectio Magistralis a Cersaie ma non ho potuto non pensare al suo entusiasmante  TED talk in cui ha presentato l’Agenda Green

Sostenibilità, impegno, innovazione tecnologica, natura, arte, luce, sensibilità, rispetto.
Questa è l’architettura per Norman Foster.
Questa la sua importante lezione di marketing.

“Non posso descrivere il mio stile […] perché non ho uno stile preciso, perché non ci sono due progetti uguali”. “Non abbiamo una formula, crediamo nella ricerca e nei bisogni umani. Crediamo che ogni progetto inizi sempre con un foglio bianco, anche se accumuliamo esperienza. Le mie fonti di ispirazione. Impossibile elencarle, sono troppe. Mi ispiro a qualunque architetto che faccia buoni edifici […]. Mi ispiro al lavoro degli ingegneri, agli aerei, alla poesia, alla pittura…la lista è infinita e cambia continuamente. L’architettura è una risposta ai bisogni umani […]. Il potere dell’architettura sta nel progettare tutto ciò che viviamo […] e incide sulla qualità della nostra vita perchè viviamo in un mondo che noi creiamo.” cit. Lord Norman Foster –