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Il caffè della mattina e la sana procrastinazione

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La mattina inizia così. Caffè, caffè, caffè e scrittura.

Adoro la moka, il suono e il profumo del caffè. Mi ricorda tante cose.
Chiudo gli occhi e le rivivo.
È mattina presto, sono a Genova, sono a Milano, sono a Reggio Emilia, ovunque sono e siamo stati c’era un caffè e spesso più d’uno.
Un rituale di amore passato da noi, padre e figlia, a noi, tu e io.
Ma ci sono anche i tanti caffè sola, quelli che mi regalo.
Quelli che mi servono per ripartire, per staccare, per pensare.
Non è quasi mai solo un caffè.


Il caffè nella tazzina più bella, quella comprata a Instabul, o quella sbeccata ma così chic come una vecchia bellissima signora con il rossetto antico che spicca sulle pieghe del labbro superiore, o come le tazzine in coppia, lui e lei, comprati ad Ortigia. Lei si è rotta quasi subito ma è rimasta con lui.
E quando ho bisogno di essere “stronza” bevo in quella coi baffi, lui mi da sicurezza.

Quando serve calore e attenzione bevo in quella raku, cilindrica e ruvida, terrosa e concreta.
Se ho bisogno di lucidità uso il bicchierino di vetro, ne ho di tutti i tipi. Ma quello alto e sottile, un po’ dandy, lui sì che mi fa sentire bene.

Allora caffè sia.
Questa volta è di cicoria.
Non storcere il naso, è buono, è nero, è caldo. Non posso più bere il caffè, credo sia solo per un periodo.
Il rito della tazzina con liquido nero fumante funziona lo stesso.

Anche oggi, sola con la mia tazzina del giorno.
Sorseggio e guardo l’agenda, la lista delle cose elencate, il mio tentativo di essere organizzata.
Preparo le liste, organizzo le giornate e poi trasgredisco.
Non le seguo, mi perdo. Però guardarle mi rassicura. Un po’ come se le avessi già fatte le cose che ho scritto, o magari, chissà, se qualcuno le legge le farà. Tipo quelle cose magiche di parlare all’universo e lui esegue.
Va beh, sì. Io non ci credo troppo.

In effetti lo faccio non solo con le liste, con i corsi di inglese, con i corsi di tutto, con libri specialistici, con i trucchi, con con con.
Compro e archivio, come se il gesto dell’acquisto fosse la soluzione e non la partenza. Lo so, pare che saperlo aiuti a risolvere. Accadrà.
Un giorno eliminerò tanto e penserò che in fondo quel libro o quel “prime” (non ho ancora capito a cosa serve) abbia fatto il suo dovere. Ha occupato spazio, non è stato sprecato.

Da qualche tempo scrivo, solo dieci minuti con il caffè caldo che mi osserva.
Senza motivo.
Pensieri liberi in flusso libero, accompagnati dal primo caffè.
Il secondo caffè è nel primo pomeriggio. 
Scandisce la giornata. La mia vita è radicalmente cambiata dopo la pandemia.
Non stavo mai a casa e in quel periodo forzato ho imparato ad amarla.
A capire come gira il sole, dove arriva la mattina presto, dove mi scalda nel pomeriggio.
E io come un gatto lo inseguo.
Ho amato star sola, ho amato stare senza scarpe con i calzettoni caldi, il tè fumante, le pause e la luce.
Non ci rinuncio più.
Lavoro da qui, ordino, organizzo, rallento e accelero.

Ho persino ripreso a progettare. Sogni concreti. Lì a portata di mano.
Servo solo io e il liquido bollente.

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